Salute: un’Italia divisa in due

Casa Peter Pan Roma

Un bambino che nasce in Calabria, ha un’aspettativa di vita di 12 anni in meno rispetto a un bambino che abita al Bolzano. Gli anni diventano 15 se si prendono in considerazione le bambine.

Questi sono i dati emersi dall’ultimo rapporto dell’ISTAT sul Benessere equo sostenibile che fotografa una situazione allarmante. Le disuguaglianze socioeconomiche hanno un impatto enorme su tutti gli aspetti della vita e soprattutto sulla salute, specialmente quella dei più piccoli. Ad esempio se un bambino che risiede nel Mezzogiorno si ammala, la probabilità che debba trasferirsi in una regione del centro nord è del 70%. E con la pandemia le cose sono andate peggiorando.  

La povertà economica va di pari passo con la povertà sanitaria. Nonostante il nostro Sistema Sanitario sia sulla carta sia universale, nella pratica molti territori del sud e delle aree interne, hanno una rete sanitaria carente e frammentaria. La pandemia ha aggravato la già fragile situazione delle strutture sanitarie e contestualmente ha fatto crescere sia la povertà assoluta che quella relativa.

Nel corso del 2019, sono stati 1.009.904 i minori di 14 anni che hanno affrontato un ricovero. Di questi l’8,8% sono stati curati in una Regione diversa da quella di residenza. Tradotto in numeri, ciò significa che ben 88.413 pazienti in età pediatrica hanno dovuto spostarsi lontano dalla propria casa per ricevere le cure idonee. Ma a questo numero va sommato quello relativo a tutti quei bambini, e ragazzi, che si spostano all’interno della propria Regione per seguire terapie specifiche. 

Curarsi lontano da casa provoca numerosi disagi. Primo fra tutti quello emotivo. I bambini che devono seguire le terapie, a volte, devono stare anche diverse settimane lontano dai propri affetti e dalle loro abitudini. Ciò provoca profondi sofferenze. A ciò si aggiunge la difficoltà del trasferimento per le famiglie, che comporta spese economiche di viaggio e di alloggio.  

Tali spese incidono prepotentemente sul bilancio familiare, ed è per questo che realizzare case accoglienza, gratuite e nei pressi dei luoghi di cura, risolve un problema non di poco conto per le famiglie che devono affrontare la malattia di un figlio. Specie in questo periodo in cui le condizioni economiche delle famiglie sono sensibilmente peggiorate, e la sanità arranca nel fornire servizi di tale tipo.

Il Progetto HOME  ha questo obiettivo, e per questo Trenta Ore per la Vita è impegnata dal 2009 nella realizzazione di un luogo che non sia solo un posto dove alloggiare ma anche un luogo accogliente e a misura di famiglia

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