Non esiste e non esisterà mai una “ricetta” o un modo indolore per accettare la notizia che tuo figlio abbia il cancro, perché si fa difficoltà ad accettare quello che spaventa e il nostro cervello, in modo automatico, reagisce chiudendosi di fronte a notizie troppo devastanti.
Per questo i primi giorni in reparto per i genitori sono devastanti: quasi non si riesce a guardare negli occhi i bambini già in cura, senza capelli e sopracciglia, con segni sul loro corpo che non vorresti vedere, che ti spaventano. Poi piano piano va meglio, quando scopri che puoi intuire il loro sorriso anche dietro una mascherina e impari a “leggere” i loro occhi. Attraverso questa esperienza riscopri il giusto significato dei gesti, perché può capitare di non sentire la voce del tuo bambino anche per giorni interi e di riuscire a comunicare solo attraverso carta e penna.
Tutte queste cose ti cambiano in maniera profonda e irreversibile: oggi, quando guardo un bambino segnato dalla malattia e dalle cure debilitanti, io non ho più paura. Con ogni sguardo vorrei trasmettergli che ce la può fare, che oggi si può guarire. Io ci credo, e vorrei ci credesse anche lui!
Grazie al successo della serie “Braccialetti Rossi”, per tante persone è stato un po’ più facile “familiarizzare” con il cancro, abituandosi al dolore in maniera delicata e non traumatica. Al giorno d’oggi parlare di tumore non è più un tabù come un tempo e anche i ragazzi che sono guariti riescono a confrontarsi con i propri coetanei senza timore di ricevere pietà da parte loro.
Oggi tante persone riescono a guardare un malato di cancro negli occhi senza avere paura, e questa è una grande evoluzione culturale per la società intera.
Testo a cura di Pasquale Buonocore, volontario dell’Associazione Carmine gallo Onlus che ha partecipato all’edizione 2015 di Trenta Ore per la Vita.
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